martedì, dicembre 27, 2011

Spuntano come funghi i radar anti-migranti (di Antonio Mazzeo)

Spuntano come funghi gli impianti radar. Siamo certi, però, che sono installazioni atte a monitorare gli sbarchi dei migranti? Che senso hanno strutture militari del genere in regioni lontane da quelle isole a sud della Sicilia dove approdano quasi tutti i profughi? Guardiamo oltre le apparenze, oltre le dichiarazioni ufficiali: i radar sono funzionali probabilmente ad uno scopo che i più non riescono neppure ad immaginare. Anche H.A.A.R.P. in fondo persegue, tra gli altri, lo stesso occulto obiettivo...

Le fiamme gialle prima azzerano, poi raddoppiano ed adesso triplicano i radar di produzione israeliana da installare in Italia per impedire gli sbarchi dei migranti. Preoccupate di vedere ancora una volta non riconosciute le proprie ragioni dal T.A.R. della Sardegna, hanno dato mandato all’Avvocatura dello stato di depositare un atto alla cancelleria del Tribunale di Cagliari con cui si ufficializza la rinuncia alla realizzazione dei radar a Tresnuraghes ed a Capo Sperone (Sant’Antioco) e di conseguenza il ritiro dal procedimento scaturito dal ricorso degli ambientalisti e dell’amministrazione locale. Nell’ottobre scorso, i giudici avevano ordinato la sospensione dei lavori di realizzazione degli impianti di sorveglianza previsti dalla Guardia di finanza nella costa occidentale dell’isola, a salvaguardia dei diritti fondamentali alla salute ed alla salubrità dell’ambiente.

“Per motivi sopravvenuti, anche connessi alle manifestazioni di protesta delle popolazioni e all’intervenuta perdita nelle more del giudizio dei previsti finanziamenti, le amministrazioni sono addivenute alla decisione, pur nella motivata fiducia che i ricorsi avrebbero dovuto essere dichiarati irricevibili, di non coltivare ulteriormente il disegno di installare l’apparato nel sito per cui è causa”, si legge nella memoria depositata dall’Avvocatura. Scontato il ritiro delle Fiamme gialle anche dal contenzioso relativo al radar anti-migranti di Capo Pecora (Fluminimaggiore), su cui il T.A.R. si dovrebbe pronunciare in udienza pubblica il prossimo 25 gennaio. I No Radar sardi ritengono che nei prossimi giorni sarà pure formalizzato dai militari il dietro front dal quarto sito prescelto, l’Argentiera, nel comune di Sassari.

La Guardia di finanza ha fatto tuttavia sapere di non aver cancellato la rete di sorveglianza radar, ma di avere solo dirottato i quattro impianti della Sardegna nei siti militari di Capo Sant’Elia a Cagliari, Capo Sandalo a Carloforte, Capo San Marco a Oristano e Capo Caccia ad Alghero. Ciò le consentirebbe di glissare i pronunciamenti del T.A.R. e prevenire nuove azioni di blocco dei cantieri da parte delle popolazioni e delle amministrazioni locali. Se poi gli impianti radar venissero classificati come opere militari e/o d’interesse strategico, si potrebbe sperare di accelerare gli itinera realizzativi e di ridurre all’osso i pareri e le autorizzazioni ambientali. Modalità operative che non trovano il consenso delle associazioni ambientaliste e dei comitati che si oppongono alle pericolose emissioni elettromagnetiche dei radar e alle politiche di contrasto militare dei flussi migratori nel Mediterraneo.

“La rinuncia della Guardia di finanza ad installare i radar nei promontori di Capo Sperone, Capo Pecora, Ischia Ruja e Argentiera rappresenta un importante risultato per i Comitati della Sardegna”, afferma Italia Nostra che con i suoi ricorsi aveva ottenuto la sospensione dei lavori. “Di fronte ad un'eventuale ulteriore sentenza sfavorevole, la Guardia di finanza sceglie di ritirarsi di buon grado e di individuare altri siti, vecchi fari della Marina militare per i quali le Amministrazioni locali hanno progettato il recupero finalizzato ad un riutilizzo pubblico del bene. Questi fari, ubicati lungo la costa occidentale della Sardegna, sovrastano promontori che possiedono le stesse caratteristiche ambientali e paesaggistiche di quelli individuati in precedenza”.

“Considerati i costi di installazione dei radar della Guardia di finanza e di acquisto di quelli della Guardia costiera, si risparmierebbero oltre 400 milioni di euro se si decidesse di rinunciare ad essi”, prosegue Italia Nostra. “È bene ricordare che abbiamo presentato qualche mese fa una denuncia alle Procure della Repubblica competenti con la quale si evidenziavano le numerose “anomalie” riscontrate nell’iter procedurale di rilascio delle autorizzazioni ed i veri e propri abusi causati dall’apertura dei cantieri. Continueremo l’impegno ambientale assieme ai cittadini e agli amministratori delle altre località interessate dai nuovi insediamenti. Tre di questi siti dovranno addirittura ospitare i radar VTS della Guardia costiera con le conseguenze negative dovute alla somma delle emissioni elettromagnetiche degli apparati”.

La collera dei NoRadar è cresciuta dopo la pubblicazione di una missiva del comandante generale della Guardia di finanza, Michele Adinolfi, inviata il giorno 1 luglio scorso allo Stato maggiore della Marina militare, al Comando delle Capitanerie di porto ed al Ministero dell’interno. Nel richiedere la “concessione di ospitalità presso siti in uso alla Marina militare ed alle Capitanerie di porto”, il comando delle Fiamme gialle rivela, infatti, che sono ben diciassette i radar di profondità israeliani (modello EL/M-2226 ACSR) destinati ad essere piazzati in buona parte d’Italia.

“Il progetto della rete radar costiera muove da concrete esigenze operative inserite in un più ampio disegno, condiviso dal Ministero dell’Interno, volto ad incrementare ed affinare gli strumenti di prevenzione e contrasto ai fenomeni illeciti perpetrati via mare ed all’immigrazione clandestina”, scrive il generale Adinolfi. “Il programma prevede la dislocazione di 17 postazioni, grazie a risorse resesi disponibili dalle fonti del Programma Operativo Nazionale Sicurezza per lo Sviluppo Obiettivo Convergenza 2007-2013 e del Fondo per le Frontiere Esterne del Programma Quadro sulla Solidarietà e Gestione dei Flussi Migratori. Sette sono state già collocate a Lampedusa (Ag), Bovo Marina (Ag), Portulisse (Rg), Punta Stilo (Rc), Isola Capo Rizzuto (Kr), Arma di Taggia (Im) e Brancaleone (Rc – in corso di ultimazione). Quattro devono essere installati in siti da individuare nelle regioni Veneto, Marche, Abruzzo e nord della Puglia [vengono proposti in calce Chioggia (Ro), Monte Pedaso (An), Ancona zona portuale, Punta Penna (Pe), Vieste (Fg) - N.d.A.]. Sei dovranno essere installate in Sardegna, Sicilia, sud della Puglia in siti diversi da quelli precedentemente individuati per problematiche insorte in sede locale”.

Il Capo di Stato maggiore della Guardia di finanza lamenta poi come le “criticità emerse in fase d’installazione” dei radar siano riconducibili “a manifestazioni di protesta delle popolazioni locali le cui preoccupazioni, essenzialmente, connesse ai possibili effetti nocivi prodotti dalle onde elettromagnetiche, all’impatto ambientale e paesaggistico dei tralicci che, pur essendo infondate, hanno di fatto reso difficoltoso, se non impedito in alcuni casi, la realizzazione delle opere”.

“Dette criticità sono acuite dalle conseguenze sul piano finanziario, in quanto le installazioni sono soggette ad una specifica tempistica di attuazione che, se non rispettata, può comportare, in tutto o in parte, il definanziamento. Tale rischio è stato evitato per i quattro radar destinati alla sorveglianza della Sardegna occidentale con i fondi che si renderanno disponibili nelle annualità future, mentre è avvertito per i due siti di Gagliano del Capo (Le) e Capo Murro di Porco (Sr), per i quali è stato richiesto al Ministero dell’Interno di ridefinire il termine ultimo per il collaudo e la certificazione della spesa, previsto inizialmente per il mese di marzo u.s. – al mese di dicembre 2011”.

Anche nel caso di questi due ultimi impianti, le Fiamme gialle hanno preferito individuare sedi diverse all’interno di aree militari, dopo il pressing di ministri e viceministri preoccupati di risparmiare il proprio bacino elettorale dai bombardamenti elettromagnetici.

Per Capo Murro di Porco, la nota della Guardia di finanza accenna ad “un’apposita riunione con le Autorità locali”, indetta dall’(ex) Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo (siracusana), nel corso della quale s’individuavano in prima battuta due possibili alternative, il vicino faro di Capo Murro di Porco in uso alla Capitaneria ed il faro di Santa Panagia, sempre a Siracusa. La scelta definitiva, qualche mese dopo, è, invece, ricaduta sulla ex base di telecomunicazioni della Marina militare di Palombara, nei pressi dell’abitato di Melilli, una delle aree a più alto rischio ambientale del Mediterraneo.

“A seguito di una riunione presso al Prefettura di Lecce, alla presenza del Sottosegretario al Ministero dell’Interno, Alfredo Mantovano” (nativo di Lecce), veniva, invece, valutato di trasferire il radar di Gagliano del Capo a Santa Maria di Leuca (Le) presso la locale stazione della Marina militare. Il 10 giugno 2011, in particolare, “aveva luogo un sopralluogo al sito per verificare la compatibilità elettromagnetica dei sistemi forniti alla Guardia di finanza dalla Almaviva Italia S.p.a. e di quelli ivi già in uso, installati dalla Selex Sistemi Integrati”.

Sempre secondo la nota del generale Adinolfi, i radar “sono di produzione dell’azienda israeliana Elta Systems LTD” e “sono commercializzati da AlmavivA S.p.a. di Roma”, la società che ha ottenuto dalla Guardia di finanza l’appalto milionario per la loro installazione, senza l’indizione e la pubblicazione del bando di gara con la motivazione che “i lavori e i servizi possono essere forniti unicamente da una determinata fornitrice, la AlmavivA S.p.a., che possiede le prescrizioni di natura tecnica ed i diritti esclusivi dei materiali”. AlmavivA è una società controllata da un originale mix di azionisti: la famiglia Tripi, il Gruppo General Electric, la Rai - Radio Televisione Italiana, la Confederazione Generale dell’Agricoltura Italiana, la C.I.A.

Confederazione Italiana Agricoltori e le Assicurazioni Generali. A differenza delle Fiamme gialle, AlmavivA sembra ancora volersi costituire in giudizio davanti al T.A.R. di Cagliari ed ha presentato una relazione tecnica del professore Gaspare Galati (ordinario di Teoria e tecnica radar dell’Università di Tor Vergata, Roma), secondo cui le emissioni elettromagnetiche dei radar di Elta Systems sono quasi pari allo zero. Per la cronaca, il professore Gaspari Galati ha lavorato dal 1970 al 1986 presso la Direzione ricerche ed il Servizio analisi di base e calcolo scientifico della società Selenia S.p.a. (ora Alenia-Finmeccanica), “nella prima come analista-sistemista radar e poi come responsabile del reparto di Analisi dei Sistemi”. Negli stessi anni, Galati veniva pure designato “rappresentante italiano presso il gruppo di lavoro della N.A.T.O. (N.I.A.G.)”.

“Le considerazioni depositate dalla società romana sono assolutamente contrastanti con i dati rilevati dall’A.R.P.A .Sardegna, l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, e dalle stesse precedenti relazioni prodotte da AlmavivA”, ricorda Graziano Bullegas di Italia Nostra. Intanto in Sardegna, Puglia e Sicilia ci si prepara per il secondo round della campagna NoRadar.

lunedì, dicembre 26, 2011

L’industria del dolore

Il periodo natalizio si presta alla generosità più indotta che spontanea. Spronate da mille appelli, anche le persone più parsimoniose, si lasciano convincere a donare qualche euro per i bisognosi, i malati, i derelitti. Se non è la televisione, con il famigerato "Telethont" e le richieste di denaro durante le trasmissioni, introdotte in maniera proditoria in tutti gli interstizi possibili ed immaginabili, sono i questuanti per strada che offrono spille, gagliardetti, libercoli…, purché si elargisca una somma a favore degli sventurati di turno.

Pensare che l’un per cento del denaro così raccolto sia destinato veramente a chi ne ha bisogno, a cause nobili, richiede una fervida fantasia nonché capacità di autoinganno. Da lustri quei furfanti di "Telethont" ammassano milioni di euro per compiere una ricerca che è più fallimentare della queste del Graal. Gli ingenti capitali spillati hanno arricchito ricchi luminari, le cui faraoniche e costosissime cliniche sono state costruite con fondi carpiti agli ingenui. Il risultato? Migliaia di cavie seviziate ed uccise per sperimentare letali farmaci e nefasti metodi “terapeutici”.

Laici e cattolici si stringono la mano, tutti insieme appassionatamente. Senza verecondia alcuna, le associazioni dalle sigle più improbabili mostrano, in messaggi strappalacrime, bimbi denutriti, infermi, mutilati pur di far presa sul senso di colpa del cittadino medio, in modo da persuaderlo ad aprire il portafoglio. E’ stata creata un’efficiente “industria del dolore” con cui si riesce anche a sciogliere anche il glaciale Scrooge di dickensiana memoria. La pubblicità è l’anima (nera) del commercio: ecco allora tutto un pullulare di spot, congegnati con le strategie più scaltrite della retorica e della programmazione neuro-linguistica.

Come se non bastassero le ormai storiche campagne a beneficio dei pargoli africani per i quali, nel migliore dei casi, vengono acquistati dei vaccini utili a stroncarli umanamente prima che muoiano di inedia, i genii del male si sono inventati terremoti ed alluvioni artificiali, così che i giornalisti si sono trasformati nelle dame di San Vincenzo. Che bontà, che altruismo! Dona di qua, dona di là, beneficenza a destra e a manca. I pingui mendicanti rimpinguano sempre più il loro bottino, mentre i problemi non vengono mai né affrontati né risolti: chi potrebbe poi speculare, se si debellasse veramente una patologia o se si migliorassero le condizioni di vita degli indigenti? La miseria, le guerre, le malattie sono una fonte inesauribile di ricchezza, sono il paese del Bengodi per i potenti ed i loro accoliti. Non esiste attività più redditizia di quella basata sulla sofferenza e sul suo indotto.



Di fronte a codesta vergognosa ed ipocrita cerca, il peccato di avarizia diventa la virtù per eccellenza: “Cortesia fu a loro esser... avari”.

Al melodramma dolciastro, a base di lacrime finte e di pietose richieste, partecipa da qualche mese pure Fichipedia, la famigerata enciclopedia della Rete. Esibendo in capo a ciascun lemma il patetico ritratto di un estensore, Fichipedia ha cominciato a piatire per impetrare donazioni. Così è tutto un coro di lai, di penose implorazioni, di preci biascicate. Non bastano più i doviziosi contributi dei servizi ai servizievoli pennivendoli: bisogna riconoscere, però, che trascorrere intere giornate a manipolare contenuti, a censurare, a tagliare ed a ricucire è incombenza che va remunerata lautamente.

Anche gli esperti del C.I.C.A.P. devono ricevere il loro guiderdone per le loro spassionate indagini sui temi più disparati. Qualcuno dovrà pure acquistare a Simone Angioni “Il piccolo chimico” per i suoi esperimenti. A Marco Morocutti bisogna regalare il primo fascicolo del corso per corrispondenza della “Scuola Radio Elettra”, a Francesco Grassi l’intera collezione di U.F.O.-robot, a Massimo Polidoro un cucchiaino nuovo, a Paolo Attivissimo un abecedario con le figure da colorare.

Al C.I.C.A.P. può essere destinato il 5 per mille: non permettiamo che un’istituzione culturale tanto gloriosa sia abbandonata a sé stessa. E’ un patrimonio dell’U.N.E.S.C.O. da tutelare e valorizzare.

Quelli del Comitato paranormale, a differenza degli altri pezzenti, sono sinceri: non hanno alcun bisogno di fingere che sono degli sciagurati. Avete visto quanto è pallido e smunto Attivissimo? Non siate spilorci: racimoliamo un po’ di soldi per acquistargli qualche confezione di latte condensa... to.


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sabato, dicembre 17, 2011

La scomparsa del denaro contante

Il mortale governo Monti, con la recente manovra economica, tra le altre cose, ha stabilito un limite pari a mille euro per i pagamenti in contante.

Come sempre, l’esecrando sistema ricorre a vari stratagemmi per attuare il suo programma il cui obiettivo finale è l’introduzione di una moneta elettronica con cui asservire e controllare tutti i “cittadini”. Naturalmente la gradualità delle azioni consente di assuefare l’opinione pubblica affinché essa accetti iniziative che se, proposte o imposte ex abrupto, sarrebbero rifiutate. Così, con il pretesto di combattere l’evasione fiscale, attraverso la tracciabilità delle operazioni, è stato ulteriormente abbassato il tetto per l’uso del denaro liquido. Ormai a maneggiare somme piuttosto consistenti di pecunia sonante sono per lo più pensionati, benzinai ed ambulanti.

Oggi per un lestofante è più vantaggioso rapinare un benzinaio che una banca. Dunque attendiamoci, secondo il classico schema triadico (problema – reazione – risoluzione) aggressioni e rapine a danno delle succitate categorie in modo che, amplificati questi episodi di cronaca nera dai media del regime, la gente si convinca che è necessario adottare la moneta digitale per evitare ogni rischio. Dalla carta di credito, anzi, di debito, si passerà al microprocessore sottocutaneo che fungerà da mezzo per l’identificazione, l’archiviazione dei dati personali e da strumento per la compravendita.

Di questo passo, una mattina ci sveglieremo nel Nuovo ordine mondiale, un incubo materializzatosi con il nostro silenzio-assenso.

Articolo correlato: Teramo, benzinaio aggredito e rapinato, 2011

martedì, dicembre 13, 2011

La medicina del futuro: la realtà nascosta della malattia

Se da più parti si comincia ormai ad ammettere che la causa di molte patologie possa ricercarsi in uno stress vissuto dal paziente, sembra, però, ancora sconosciuto alla medicina tradizionale il meccanismo che lega l’evento emotivo destabilizzante e l’apparizione del sintomo.

Senza la conoscenza di questo meccanismo e della simbologia delle varie strutture del corpo umano, è assai difficile aiutare il paziente e purtroppo tale sapere non viene solo dagli studi intrapresi, che sono peraltro importanti, ma è acquisito con l’esperienza e con l’ascolto attento delle sofferenze d’innumerevoli pazienti. Bisogna tener presente che ogni individuo è un essere unico con una storia e delle esperienze emotive che appartengono solo a lui ed è dunque pericoloso generalizzare ed incasellare, senza tener conto di tutte le sfumature che appartengono alla storia di ciascuno.

L'autore: Giorgio Mambretti

Dopo gli sudi di agopuntura e osteopatia, a seguito di una diagnosi senza speranza, si è orientato verso una “nuova medicina” che ha esposto nel suo precedente libro “La medicina sottosopra – E se Hamer avesse ragione?!” In questo secondo volume. l’autore ha proseguito il suo lavoro che è frutto, non solo di anni di studi, ma soprattutto di innumerevoli ore di ascolto dei pazienti e di riflessioni sulle loro storie.

Il libro è pubblicato da Uno editori


giovedì, dicembre 08, 2011

Il NO del Politecnico di Torino al MUOStro di Niscemi (di Antonio Mazzeo)

La stazione di telecomunicazioni MUOS (Mobile User Objective System) comporta gravi rischi per la popolazione e per l’ambiente tali da impedirne la realizzazione in aree densamente popolate, come quella adiacente la cittadina di Niscemi (Caltanissetta). Ad affermarlo sono Massimo Zucchetti, professore ordinario di Impianti Nucleari del Politecnico di Torino e research affiliate del Massachusetts Institute of Technology (USA) e Massimo Coraddu, consulente esterno del dipartimento di Energetica del Politecnico ed ex ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).

I due studiosi hanno analizzato i possibili rischi per la salute della popolazione dovuti all’irraggiamento diretto del nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari della Marina militare USA, e i danni che le emissioni possono provocare all’ambiente circostante. I risultati, estremamente inquietanti, sono contenuti in un report consegnato qualche giorno fa all’amministrazione comunale di Niscemi. Il sindaco, Giovanni Di Martino, lo ha immediatamente inviato al presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, chiedendogli di sospendere l’autorizzazione concessa per installare il terminale MUOS all’interno della zona naturalistica protetta “Sughereta di Niscemi”, inserita nella rete Natura 2000 come sito di interesse comunitario (SIC ITA05007). La Regione aveva autorizzato i lavori l’1 giugno scorso, basandosi su una sommaria certificazione della sostenibilità ambientale del MUOS da parte della facoltà d’Ingegneria dell’Università di Palermo. Ma per il Politecnico di Torino, i rischi delle antenne satellitari “sono stati sottovalutati, o del tutto ignorati” dai docenti siciliani (gli ingegneri Luigi Zanforlin e Patrizia Livreri) e dagli “esperti” nominati dalle forze armate statunitensi.

Secondo i dati tecnici forniti dalle autorità militari, il sistema di telecomunicazione MUOS consiste in tre grandi antenne paraboliche (due continuativamente funzionanti e una di riserva) per le trasmissioni in banda Ka verso i satelliti geostazionari, più due trasmettitori elicoidali in banda UHF, per il posizionamento geografico. Le antenne paraboliche di 18,4 metri di diametro hanno frequenze di trasmissione di 30-31 GHz e 20-21 GHz di ricezione; la potenza è di 1600 W, mentre l’altezza del centro radiante rispetto al suolo è di 11,2 metri. Le frequenze di trasmissione e ricezione delle antenne elicoidali (4 metri di lunghezza e 33 cm di diametro) vanno da i 240 ai 315 MHz, la potenza è di 105 W, mentre l’altezza del centro radiante è di 3,7 metri. “Si tratta di informazioni assai carenti”, affermano gli studiosi del Politecnico. “In nessuna delle relazioni note sono indicati per le due tipologie di antenne il tipo di trasmissione (se a onda continua o impulsata e l’eventuale forma dell’impulso). Nel caso delle grandi antenne paraboliche non è poi indicato il diagramma polare completo, con esatta localizzazione dei lobi”.

“Incompleti e affetti da innumerevoli incongruenze” sono pure i dati relativi alle emissioni del sistema MUOS e quelli riferiti ai rischi associati all’eventuale realizzazione della stazione di trasmissione. Nel loro studio, i professori Zucchetti e Coraddu segnalano che nel caso dei trasmettitori con antenna parabolica, “la maggior parte dell’energia radiante emessa è concentrata in uno stretto fascio principale, con un’apertura angolare di qualche decimo di grado, che in condizioni normali di funzionamento è puntato verso il cielo con una inclinazione minima rispetto all’orizzonte di soli 17°”. Date le caratteristiche di questi sistemi, il “limite di attenzione” per le esposizioni prolungate deve essere calcolato in un raggio di 1,13 Km dai trasmettitori, mentre il “limite del valore per la compatibilità elettromagnetica” raggiunge i 6,9 Km. L’abitato di Niscemi si trova però a distanze comprese tra 1 e 6 Km rispetto le parabole del MUOS e dunque interamente nella zona di campo vicino delle antenne. “La realizzazione del MUOS potrebbe portare dunque a un incremento medio dell’intensità del campo in prossimità delle abitazioni più vicine pari a qualche V/m rispetto al livello esistente, con la possibilità del verificarsi di punti caldi, con un incremento del campo nettamente superiore”, scrivono i due ricercatori.

In conseguenza sono assai gravi i rischi per la salute umana generati dalle microonde delle antenne. “Si tratta di effetti acuti, legati a esposizioni brevi, a campi di elevata intensità; e di effetti dovuti a esposizioni prolungate a campi di intensità inferiore”, spiegano Zucchetti e Coraddu. “I primi sono essenzialmente legati all’esposizione diretta al fascio principale emesso dalle parabole MUOS, che può avvenire in seguito a un malfunzionamento o a un errore di puntamento. Ciò può provocare danni gravi e permanenti alle persone accidentalmente esposte a distanze inferiori ai 20 Km., e ciò significa che l’eventualità di una esposizione diretta al fascio riguarda l’intera popolazione di Niscemi e va considerata come il peggiore incidente possibile”. I danni più frequentemente riportati sono dovuti all’ipertermia con conseguente necrosi dei tessuti e l’organo più esposto è l’occhio (cataratta indotta da esposizione a radiofrequenze o a microonde). “Le persone irraggiate accidentalmente potrebbero subire danni gravi e irreversibili anche per brevi esposizioni”, aggiungono gli studiosi.

Per il Politecnico di Torino, la realizzazione del sistema MUOS “incrementerà necessariamente le emissioni esistenti” a Niscemi. “Nel valutare gli effetti dovuti a esposizioni prolungate occorre tener conto che l’abitato già ora è investito dalle emissioni prodotte dalla stazione Naval Radio Transmitter Facility (NRTF), in una misura superiore ai limiti di sicurezza previsti dalla legislazione italiana”. Il sito prescelto per il terminale terrestre del nuovo sistema satellitare si trova infatti all’interno di uno dei maggiori centri di telecomunicazioni della US Navy nel Mediterraneo, attivo da più di vent’anni e caratterizzato da intenso elettromagnetismo. Nella stazione sorgono 41 antenne radiatori verticali, 27 delle quali attualmente in funzione, operanti nella banda HF (High Frequency, frequenza 3-30 MHz e lunghezza d’onda 10-100 mt), per le comunicazioni di superficie; più un’antenna in banda LF (Low Frequency, frequenza 43 KHz e lunghezza d’onda di 6,98 Km), per le comunicazioni sotto la superficie del mare. “Le rilevazioni delle emissioni elettromagnetiche generate dalla stazione NRTF – scrivono Zucchetti e Coraddu - effettuate dall’ARPA Sicilia con strumentazione e procedure non del tutto adeguate, in un periodo compreso tra il dicembre 2008 e l’aprile 2010, hanno evidenziato un sicuro raggiungimento dei limiti di sicurezza per la popolazione ed anzi un loro probabile superamento”.

Per gli studiosi, la situazione reale delle emissioni elettromagnetiche sarebbe ancora peggiore di quella evidenziata dall’agenzia siciliana per la protezione dell’ambiente. “I misuratori utilizzati dall’ARPA (centraline PMM 8055S, banda passante 100 Khz - 3 GHz in modalità Wide Band, 100 KHz-860 MHz in modalità Low Band) non sono sensibili alle emissioni dell’antenna in banda LF alla frequenza di 43 Khz (quasi 7 Km di lunghezza d’onda)”, scrivono Zucchetti e Coraddu. “La potenza di picco del trasmettitore VERDIN (VLF Digital Information Network per le comunicazioni con i sommergibili in immersione) dell’NRTF di Niscemi, può variare infatti da 500 a 2000 KW. Valori estremamente elevati che non consentono certo di trascurare o sottostimare sistematicamente questa componente nella valutazione complessiva”.

Sempre secondo i due ricercatori, le misurazioni dell’agenzia siciliana per l’ambiente non sarebbero state “neppure del tutto conformi” alla procedura prevista dalla legislazione che prevede di effettuare le rilevazioni quando tutte le sorgenti siano in funzione alla potenza massima. Ciò non è stato possibile a Niscemi dato che quasi la metà delle antenne, come ammesso dalle autorità militari USA, erano spente al momento delle rilevazioni.

“L’incremento del livello di campo emesso nella stazione NRTF con l’entrata in funzione dei trasmettitori del MUOS avrà come conseguenza un incremento di rischio, per la popolazione residente nella zona, di contrarre vari tipi di disturbi e malattie, tra cui alcuni tumori del sistema emolinfatico, come evidenziato in numerosi studi epidemiologici”, affermano Zucchetti e Coraddu. A ciò si aggiungeranno tutta una serie di effetti negativi sull’ambiente circostante, del tutto trascurati dalle valutazioni della facoltà d’Ingegneria di Palermo e dai tecnici statunitensi. “La stazione del sistema satellitare è stata progettata all’interno di un’area protetta e occorre quindi valutare le conseguenze dell’irraggiamento sulle specie tutelate. Si può evidenziare un rischio elevato per l’esposizione degli uccelli al fascio principale emesso dalle antenne paraboliche, che può risultare anche fatale, in quanto essi hanno una maggiore vulnerabilità agli effetti acuti delle microonde rispetto agli esseri umani”. Altri esseri viventi fortemente vulnerabili alle microonde sono gli insetti impollinatori, le api in particolare, che vengono disturbate da livelli di campo dell’ordine di -1 V/m. “I disturbi indotti dalle microonde impediscono alle api di sciamare regolarmente e costruire il nido, portando così a una grave riduzione della popolazione, con ripercussioni a catena sulla flora e sull’intera catena alimentare”, scrivono i due ricercatori.

“Per un principio di salvaguardia della salute della popolazione e dell’ambiente - concludono Zucchetti e Coraddu - non dovrebbe essere permessa alcuna installazione di ulteriori sorgenti di campi elettromagnetici presso la stazione NRTF di Niscemi, e anzi occorre approfondire lo studio delle emissioni già esistenti e pianificarne una rapida riduzione, secondo la procedura a conformità prevista dalla legislazione italiana”. Una copia del rapporto del Politecnico di Torino sul pericolo MUOS sarebbe già sul tavolo del neo ministro dell’Ambiente. I tempi stringono. Le antenne potrebbero essere montate già nei prossimi giorni…