lunedì, dicembre 25, 2017

La conversazione telefonica che inchioda la Procura di Imperia



Secondo il Giudice Dott. Domenico Varalli della Procura di Imperia, esisterebbe l'aggravante della recidiva e per questo motivo ha potuto non solo ignorare la prescrizione, ma anche infliggere una severa condanna, benché l'"imputato" sia comunque innocente. Nelle due conversazioni telefoniche intercorse tra il Marcianò ed il suo legale di fiducia, avvocato Fabrizio Spigarelli, poche settimane dopo purtroppo deceduto in circostanze mai del tutto chiarite, si evince come la questione della recidiva sia una montatura, escogitata per incastrare il ricercatore indipendente. Infatti, dalle verifiche eseguite dallo Spigarelli presso il casellario giudiziario, non risultavano condanne in giudicato di alcun genere. Il legale stesso addebitò le responsabilità di tali aberrazioni ad una manipolazione ad opera di una arcinota regia, coincidente con il persecutore seriale e calunniatore abituale Federico De Massis, alias Task Force Butler. E' il medesimo personaggio che i togati di Imperia - e non solo - stanno proteggendo.



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lunedì, dicembre 18, 2017

Prima condanna per Marcianò: l'ennesimo esempio di un diritto storto



Sanremonews, la testata sciacondensara, pubblica prontamente la velina ricevuta dalla "parte offesa". Un processo farsa che si conclude come era ben prevedibile e non per via di un'accertata colpevolezza, ma piuttosto perché la Magistratura è l'arma usata dal regime per far fuori gli oppositori. Sono onorato di far parte delle vittime di uno Stato canaglia.

Quanto segue è estratto dalle dichiarazioni spontanee consegnate al Giudice Domenico Varalli. Traetene voi le conclusioni.


Senza entrare nel merito del procedimento in esame, l’"imputato" rigetta in toto le imputazioni, considerandole, a tutti gli effetti, una forzatura che ha l’unico obiettivo di rinviare a giudizio, a prescindere dalla reale e concreta sussistenza nonché fondatezza delle accuse mosse dalla “parte offesa” e dal Pubblico Ministero.

Inoltre si contesta l’eccezione, secondo cui il sottoscritto sarebbe recidivo, in quanto, anche se non si considera la fondatezza di tali asserzioni che sono tutte da verificare e dimostrare, si precisa che la recidiva, quale circostanza aggravante ad effetto speciale, per incidere sul calcolo del termine di prescrizione va contestata formalmente e quindi non è un mero status desumibile dal certificato del casellario. A tal proposito si veda:

Contestazione della recidiva e prescrizione
Cassazione penale, sez. III, sentenza 27/03/2014 n° 14439

Nella sentenza in oggetto, alla Corte di Cassazione viene chiesto di precisare come incida la recidiva, quale circostanza ad effetto speciale, sul computo del termine prescrizionale ed in particolare se essa, per avere effetti penali, debba o meno essere contestata prima dello spirare del termine di prescrizione.

La sentenza

- “La Corte, dichiarando infondato il ricorso presentato, ha sottolineato come la recidiva deve essere considerata, come anche sottolineato pacificamente in molte sentenze, non come un semplice status da desumersi dal certificato penale, ma quale circostanza che deve essere formalmente contestata all’imputato per produrre effetti penali. (1)

- Ne deriva che la stessa, ai fini della determinazione del termine di prescrizione, deve essere formalmente contestata, prima che sia spirato il termine prescrizionale del reato nella forma non aggravata”.

(1) Cass. Pen., sez I, sentenza n. 13398 del 19 febbraio 2013.

Di conseguenza, mancando l’aggravante per i motivi sopra riportati -sentenza numero 4873/17 della quinta sezione della Corte di Cassazione, a conferma della precedente pronuncia a sezioni riunite del 2015 (31022)-, è acclarato come i termini della prescrizione non possano in alcun modo essere aumentati, giacché non esiste alcuna contestazione formale all’imputato della recidiva entro i termini di legge.

Si eccepisce altresì che il rinvio a giudizio è stato ricompreso nella diffamazione a mezzo stampa, laddove il presunto reato è inquadrabile nell'articolo 595 del C.P., senza aggravante, dacché blog e social media non sono equiparabili, per le ragioni indicate dalla Cassazione, alla stampa. Ne consegue che il rinvio a giudizio è comunque illegittimo e non valido.

Si puntualizza altresì che lo scrivente, nonostante le formali richieste avanzate, non è stato in grado di acquisire il fascicolo contenente tutta la documentazione utile alla “difesa”, giacché il dossier, comprensivo di fotografie e registrazioni video e audio, si trovava nello studio del compianto avvocato Fabrizio Spigarelli e tale materiale non è presente nel fascicolo messo a disposizione dalla Procura. Dopo il decesso dell’avvocato Spigarelli, non è stato possibile in alcun modo recuperare gli incartamenti: ne consegue che la “difesa” non può esplicarsi in modo completo.

Inoltre il sottoscritto ritiene questo Tribunale (ed i togati che lo compongono) inadatti ad un giudizio equanime ed imparziale, giacché, in tutta evidenza, hanno impedito - con l’uso disinvolto delle archiviazioni - che lo scrivente potesse ottenere giustizia in merito alle decine di episodi inerenti ad atti persecutori e di diffamazione, delitti perpetrati da soggetti come l’informatico di Pescara, Signor Federico De Massis alias Task Force Butler (LINK), il quale è stato più volte querelato ma, immancabilmente, codesta Procura (come altre) ha sempre archiviato con argomentazioni pretestuose e spesso al limite del grottesco. Non si può peraltro eccepire che codesti fatti non attengano assolutamente con il procedimento in questione, in quanto è lo stesso Signor Federico De Massis che, il giorno 9 dicembre 2017, inviò allo scrivente un messaggio di posta elettronica (tra i numerosi inoltrati quotidianamente dal 2011) dal tono velatamente minaccioso (tramite il servizio di messagging della piattaforma Blogger). Cfr infra.


Mannaggia, Strakky, non ci voleva.
Anche in vista di lunedì 18...

#strakerpuppa
#zretripuppa
#nomamminanopensioncina



Ci si chiede quindi come sia possibile che il soggetto Task Force Butler al secolo Signor Federico De Massis, più volte salvato dai togati di Imperia ed altre Procure, sia al corrente della data dell'udienza del 18 dicembre 2017 della quale neppure l’imputato era informato! Le spiegazioni possono essere due:

a) Tali informazioni il Signor De Massis ha ottenute direttamente dagli uffici di codesta Procura.
b) Tali notizie il Signor De Massis ha acquisito direttamente dalla “parte offesa”.

Volendo bonariamente escludere la prima ipotesi, si può solo evincere che la data esatta dell’udienza sia stata fornita dalla stessa “parte offesa” e da qui sarebbe interessante comprendere come sia possibile che la “parte lesa” possa essere in contatto con una figura che, qui si precisa, compie impunemente atti persecutori ai danni dello scrivente sino dal lontano 2011 e che tuttora gestisce diverse pagine Web (Facebook, Blogger, Google Plus, Twitter etc.) con obiettivi chiaramente di discredito e diffamazione. Oltre a ciò, il soggetto in questione coordina e gestisce altri individui che, parimenti, agiscono a danno della rispettabilità del sottoscritto. Di conseguenza, se la “parte lesa” è in rapporti con individui impegnati da anni in atti persecutori ai danni di chi scrive, quale legittimità può avere il procedimento a carico dell’imputato? E’ quindi evidente un’inaccettabile disparità di trattamento che inficia totalmente la credibilità di questa e di altre Procure italiane, le quali pare considerino la giustizia un mezzo utile a contrastare l’opera di informazione di chi scrive in merito alla guerra climatica attualmente in corso, peraltro confermata, tra gli altri, dal Generale Fabio Mini e, guarda caso, sempre negata dai togati di questa e di altri tribunali. Infatti qual è stata la sorte degli esposti sulla neurotossicità dei carburanti avio?

Ciò chiarito, è lapallissiano il rapporto ambiguo tra Procure italiane, calunniatori di professione (sempre protetti) e “parti offese” in questo come in altri procedimenti-farsa a carico di chi scrive.

Concludendo, alla luce di quanto esposto, l’imputato comunica la sua intenzione di abbandonare l’aula, senza rilasciare alcuna ulteriore dichiarazione, rifiutando l’iniquo procedimento a suo carico e disconoscendo totalmente, vista la violazione sia delle leggi internazionali sia del dettato costituzionale sia di singole norme del Codice di procedura penale, - lo si ribadisce - la legittimità e l’autorità di codesto Tribunale.






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