Essere uomo è sapere che non si può capire (F. Pessoa)
Qual è la differenza tra erudizione e cultura? L’erudizione, in senso deteriore, è un sapere inerte, sterile, settoriale. Come osserva correttamente, a mio parere, il proteiforme scrittore portoghese Pessoa, in Maschere e paradossi, “mentre l’erudizione è una questione di quantità, la cultura è una questione di qualità”. La prima resta alla superficie, la seconda approfondisce. “In fondo, la distinzione reale consiste nel fatto che l’erudito non ha immaginazione, a differenza dell’uomo colto”.
Tra gli eruditi annovererei tutti quegli spocchiosi ed insignificanti “scienziati” ed “intellettuali” che, confondendo il pubblico con artifici retorici, sofismi, matrici, equazioni e formule, credono di possedere la conoscenza. Come definire allora quegli studentelli saccenti che, poiché frequentano il secondo anno di un corso di laurea di ingegneria o di chimica o di sociologia, pontificano, proclamando le loro consunte, misere “verità”? Costoro non si sono mai posti alcuni quesiti basilari: quello che sto studiando ha dei veri, saldi fondamenti? Quanto la cultura scientifica è oggettiva? Esiste l’oggettività assoluta? La scienza non è anch’essa una forma di ideologia costruita per perseguire lo scopo del potere e del controllo? Che cos’è una teoria? Che cos’è la realtà e come si può conoscere?
Per gli eruditi indagare significa soltanto aggiungere dati a dati spesso inutili, prescindendo da una visione complessiva, di modo che accumulano nozioni come l’avaro fa con le monete d’oro.
Gli eruditi vivono nella loro torre eburnea: ora operano in laboratori asettici ora compulsano libri polverosi in tetre biblioteche, ma non gettano mai uno sguardo al cielo né ascoltano il sibilo del vento. È come se avessero costruito attorno a loro una barriera che impedisce qualsiasi contatto con il mondo, pieno di contraddizioni e di aporie, ma anche di stimoli; è come se avessero piombato la loro mente in modo da impedire alle idee di librarsi e di ipercomunicare.
D’altronde essi hanno già tutte le risoluzioni, mentre la cultura, più che un complesso di cognizioni non di rado opinabili, è un insieme di ipotesi e di domande, sebbene la persona colta sappia che molte domande, specialmente quelle fondamentali, sono destinate a rimanere senza risposta.
Fonte: Zret Blog
Qual è la differenza tra erudizione e cultura? L’erudizione, in senso deteriore, è un sapere inerte, sterile, settoriale. Come osserva correttamente, a mio parere, il proteiforme scrittore portoghese Pessoa, in Maschere e paradossi, “mentre l’erudizione è una questione di quantità, la cultura è una questione di qualità”. La prima resta alla superficie, la seconda approfondisce. “In fondo, la distinzione reale consiste nel fatto che l’erudito non ha immaginazione, a differenza dell’uomo colto”.
Tra gli eruditi annovererei tutti quegli spocchiosi ed insignificanti “scienziati” ed “intellettuali” che, confondendo il pubblico con artifici retorici, sofismi, matrici, equazioni e formule, credono di possedere la conoscenza. Come definire allora quegli studentelli saccenti che, poiché frequentano il secondo anno di un corso di laurea di ingegneria o di chimica o di sociologia, pontificano, proclamando le loro consunte, misere “verità”? Costoro non si sono mai posti alcuni quesiti basilari: quello che sto studiando ha dei veri, saldi fondamenti? Quanto la cultura scientifica è oggettiva? Esiste l’oggettività assoluta? La scienza non è anch’essa una forma di ideologia costruita per perseguire lo scopo del potere e del controllo? Che cos’è una teoria? Che cos’è la realtà e come si può conoscere?
Per gli eruditi indagare significa soltanto aggiungere dati a dati spesso inutili, prescindendo da una visione complessiva, di modo che accumulano nozioni come l’avaro fa con le monete d’oro.
Gli eruditi vivono nella loro torre eburnea: ora operano in laboratori asettici ora compulsano libri polverosi in tetre biblioteche, ma non gettano mai uno sguardo al cielo né ascoltano il sibilo del vento. È come se avessero costruito attorno a loro una barriera che impedisce qualsiasi contatto con il mondo, pieno di contraddizioni e di aporie, ma anche di stimoli; è come se avessero piombato la loro mente in modo da impedire alle idee di librarsi e di ipercomunicare.
D’altronde essi hanno già tutte le risoluzioni, mentre la cultura, più che un complesso di cognizioni non di rado opinabili, è un insieme di ipotesi e di domande, sebbene la persona colta sappia che molte domande, specialmente quelle fondamentali, sono destinate a rimanere senza risposta.
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