Curare il cancro con una sostanza derivata dall'embrione di un pesce tropicale geneticamente somigliante all'uomo. É ciò che propone un oncologo milanese, che nel 1998 ha presentato il risultato della sua ricerca condotta su un campione di 400 pazienti oncologici.
Una delle più recenti cure anticancro è una terapia biologica che agisce su principi omeopatici. Consiste nella somministrazione di un preparato (LINK) a base di estratti embrionali ricavati dallo zebra fish, un pesciolino tropicale che ha circa l'80% dei geni in comune con l'uomo. L'estratto ottenuto dal pesce viene somministrato sotto la lingua del paziente in una dose di 300 microgrammi al giorno (30 gocce 3 volte al giorno), con una terapia di lunga durata.
Lo scopritore è il professor Mario Biava, primario di Medicina del lavoro all'Ospedale di Sesto San Giovanni (Milano). La terapia è stata sperimentata per circa quattro anni su 400 pazienti con tumori metastatici alla pelle, seno, colon rene, e linfomi, con risultati sorprendenti. Nell'80% dei casi sono cessati i dolori provocati dal tumore e si sono ridotti gli effetti collaterali (nausee, vomito, diarrea). Nel 50% (dell'80%) dei casi il tumore si è bloccato, mentre nel 5% è regredito (il totale percentuale è superiore a 100 perché le risposte al trattamento si sono talvolta sovrapposte).
Ma è lo stesso professor Biava a raccomandare cautela e prudenza nella valutazione dei risultati: "Non voglio giungere a conclusioni definitive, lo studio è aperto, ci vuole ancora del tempo e uno studio controllato". Per certo sappiamo che la sua terapia è collaterale e non sostitutiva alle cure tradizionali. Inoltre, che è priva di effetti collaterali. Da ultimo fa piacere scoprire che ha un costo contenuto: circa 120 euro al mese.
Gli studi del professor Biava sulla terapia embrionale durano da circa quindici anni. Nell'1988 egli ha pubblicato su Cancer Letters i primi risultati ottenuti sui mammiferi. Nel '97 a Gerusalemme, ha presentato il risultato della sperimentazione sull'uomo, al 14º convegno sui tumori dell'International Academy of Tumor Marker Oncology. Il punto di partenza di queste ricerche sono stati l'embrione e la sua sede naturale: l'utero materno: "Nell'utero materno - fa notare Biava - durante la prima fase dello sviluppo embrionale, sia nell'uomo che negli animali, non si manifestano mai i tumori, nemmeno in presenza di sostanze con alto potenziale cancerogeno". Accade così che i danni provocati dalle sostanze cancerogene vengono riparati all'interno dell'utero stesso dagli stessi fattori di regolazione che spingono le cellule dell'embrione a differenziarsi. É il P53 l'anti-oncogene presente nell'embrione che agisce attivamente ai fini della prevenzione. L'azione della cura messa punto dal professor Biava consiste quanto nell'attivazione dell'anti-oncogene P53 che rallenta la progressione tumorale.
"Il cancro è una patologia complessa in cui sono avvenute diverse alterazioni nelle cellule - spiega il professor Biava. Per comprendere questo cambiamento non ci si può basare su un modello riduzionista, cioè spiegare i vari fenomeni biologici come una serie di singole alterazioni, ma occorre adottare un paradigma complesso. I sistemi complessi, come i cervelli, gli organismi, gli ambienti ecologici, sono costituiti da un vasto numero di entità fra loro interagenti, spesso eterogenee. Per quanto concerne la specie umana, i reticoli di regolazione genetica sono il complesso di interazioni che permettono a determinanti geni di controllarne altri, regolandone la durata e l'intensità del funzionamento e quindi il loro effetto sulle cellule. La rete biologica ha determinate informazioni in grado di programmare correttamente le cellule. Il cancro non e altro che una nuova rete che cerca di svilupparsi in contrapposizione alla rete originaria, stravolgendone il programma della differenziazione cellulare".
L'esempio più facile per comprendere questo non semplice meccanismo illustrato da Biava è quello del computer. Immaginate un virus che entra nel programma e attacca sempre più bit, nello stesso modo il cancro altera la cellula. Per far funzionare il computer dobbiamo riprogrammarlo, così accade con l'uomo: per debellare il cancro dobbiamo riprogrammare il codice genetico e non semplicemente aggiustare le singole mutazioni.
Monica Melotti, N. 8/9 agosto settembre 1998
http://www.prevenzionetumori.it/
Una delle più recenti cure anticancro è una terapia biologica che agisce su principi omeopatici. Consiste nella somministrazione di un preparato (LINK) a base di estratti embrionali ricavati dallo zebra fish, un pesciolino tropicale che ha circa l'80% dei geni in comune con l'uomo. L'estratto ottenuto dal pesce viene somministrato sotto la lingua del paziente in una dose di 300 microgrammi al giorno (30 gocce 3 volte al giorno), con una terapia di lunga durata.
Lo scopritore è il professor Mario Biava, primario di Medicina del lavoro all'Ospedale di Sesto San Giovanni (Milano). La terapia è stata sperimentata per circa quattro anni su 400 pazienti con tumori metastatici alla pelle, seno, colon rene, e linfomi, con risultati sorprendenti. Nell'80% dei casi sono cessati i dolori provocati dal tumore e si sono ridotti gli effetti collaterali (nausee, vomito, diarrea). Nel 50% (dell'80%) dei casi il tumore si è bloccato, mentre nel 5% è regredito (il totale percentuale è superiore a 100 perché le risposte al trattamento si sono talvolta sovrapposte).
Ma è lo stesso professor Biava a raccomandare cautela e prudenza nella valutazione dei risultati: "Non voglio giungere a conclusioni definitive, lo studio è aperto, ci vuole ancora del tempo e uno studio controllato". Per certo sappiamo che la sua terapia è collaterale e non sostitutiva alle cure tradizionali. Inoltre, che è priva di effetti collaterali. Da ultimo fa piacere scoprire che ha un costo contenuto: circa 120 euro al mese.
Gli studi del professor Biava sulla terapia embrionale durano da circa quindici anni. Nell'1988 egli ha pubblicato su Cancer Letters i primi risultati ottenuti sui mammiferi. Nel '97 a Gerusalemme, ha presentato il risultato della sperimentazione sull'uomo, al 14º convegno sui tumori dell'International Academy of Tumor Marker Oncology. Il punto di partenza di queste ricerche sono stati l'embrione e la sua sede naturale: l'utero materno: "Nell'utero materno - fa notare Biava - durante la prima fase dello sviluppo embrionale, sia nell'uomo che negli animali, non si manifestano mai i tumori, nemmeno in presenza di sostanze con alto potenziale cancerogeno". Accade così che i danni provocati dalle sostanze cancerogene vengono riparati all'interno dell'utero stesso dagli stessi fattori di regolazione che spingono le cellule dell'embrione a differenziarsi. É il P53 l'anti-oncogene presente nell'embrione che agisce attivamente ai fini della prevenzione. L'azione della cura messa punto dal professor Biava consiste quanto nell'attivazione dell'anti-oncogene P53 che rallenta la progressione tumorale.
"Il cancro è una patologia complessa in cui sono avvenute diverse alterazioni nelle cellule - spiega il professor Biava. Per comprendere questo cambiamento non ci si può basare su un modello riduzionista, cioè spiegare i vari fenomeni biologici come una serie di singole alterazioni, ma occorre adottare un paradigma complesso. I sistemi complessi, come i cervelli, gli organismi, gli ambienti ecologici, sono costituiti da un vasto numero di entità fra loro interagenti, spesso eterogenee. Per quanto concerne la specie umana, i reticoli di regolazione genetica sono il complesso di interazioni che permettono a determinanti geni di controllarne altri, regolandone la durata e l'intensità del funzionamento e quindi il loro effetto sulle cellule. La rete biologica ha determinate informazioni in grado di programmare correttamente le cellule. Il cancro non e altro che una nuova rete che cerca di svilupparsi in contrapposizione alla rete originaria, stravolgendone il programma della differenziazione cellulare".
L'esempio più facile per comprendere questo non semplice meccanismo illustrato da Biava è quello del computer. Immaginate un virus che entra nel programma e attacca sempre più bit, nello stesso modo il cancro altera la cellula. Per far funzionare il computer dobbiamo riprogrammarlo, così accade con l'uomo: per debellare il cancro dobbiamo riprogrammare il codice genetico e non semplicemente aggiustare le singole mutazioni.
Monica Melotti, N. 8/9 agosto settembre 1998
http://www.prevenzionetumori.it/
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